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Industria strategica a due velocità
12 August 2025#WeeklyWatch

Industria strategica a due velocità

Sotto la lente la crisi delle quattro ruote e il rally della Difesa. Luca Longhi illustra le ragioni del doppio binario che percorrono due settori strategici per il futuro del sistema economico europeo.

Nel cuore dell’Europa industriale si sta delineando una realtà complessa, fatta di due velocità che rappresentano due mondi apparentemente opposti ma profondamente intrecciati. Da una parte, il settore della difesa europea sta vivendo un vero e proprio rally industriale, un'accelerazione senza precedenti in risposta alle nuove sfide geopolitiche e alle crescenti esigenze di sicurezza del continente. Dall’altra, il settore automotive europeo, che per decenni è stato il motore trainante dell’industria e dell’innovazione europea, si trova invece in una fase di profonda crisi, con difficoltà significative legate alla transizione verso la mobilità elettrica, alla pressione crescente della concorrenza internazionale e a costi di produzione sempre più elevati.

“Questi due comparti, pur appartenendo entrambi all’industria strategica europea, percorrono strade divergenti e mostrano andamenti contrapposti, delineando un quadro complesso di opportunità e criticità per il futuro del sistema economico europeo”, afferma Luca Longhi, Head of Total Return Portfolio di Banca Generali.

“Negli ultimi anni, in particolare da inizio 2022 a oggi, il comparto della difesa ha visto un aumento esponenziale degli investimenti, motivato in gran parte dal contesto geopolitico in rapido mutamento, con la guerra in Ucraina che ha segnato un punto di svolta nelle politiche di sicurezza e nella percezione della necessità di autonomia strategica. La spesa per la difesa dei Paesi membri dell’Unione Europea ha superato nel 2024 i 326 miliardi di euro, segnando un incremento netto di circa il 30% rispetto ai livelli del 2021”. Questo aumento della spesa pubblica si è tradotto in una crescita altrettanto significativa degli ordini industriali per le aziende del settore, che hanno registrato un volume di commesse record, alimentando investimenti in ricerca e sviluppo e contribuendo a un aumento dell’occupazione, che nel 2023 ha raggiunto le 581.000 unità con una crescita annua del 9%. Le imprese europee che operano nella difesa si sono così trovate al centro di un ciclo virtuoso che rafforza la loro competitività internazionale e le loro capacità tecnologiche.

“Parallelamente, le politiche dell’Unione Europea hanno giocato un ruolo decisivo nel supportare questa ripresa”, prosegue l’esperto. Nel 2024 la Commissione europea ha adottato la European Defence Industrial Strategy, che ha come obiettivo primario quello di garantire una maggiore autonomia strategica al continente e favorire la cooperazione transnazionale tra le imprese europee del settore. Questa strategia si è concretizzata in iniziative di finanziamento come il Fondo Europeo per la Difesa e programmi di co-finanziamento specifici come l’European Defence Industry Programme, che offrono alle imprese una maggiore stabilità di lungo termine, consentendo investimenti mirati in progetti innovativi e cooperativi.

La combinazione di una domanda crescente, un sostegno politico solido e una rete industriale già molto sviluppata ha creato le condizioni ideali per un vero e proprio rilancio industriale della difesa europea. Non è possibile parlare di difesa europea senza considerare il ruolo delle imprese leader che rappresentano l’eccellenza tecnologica e industriale del continente. “Aziende come Rheinmetall in Germania, Leonardo in Italiae Thales in Francia hanno visto il valore delle loro azioni in borsa raggiungere livelli storici, con Rheinmetall che ha superato il tetto di 1.800 euro per azione nel luglio di quest’anno”, puntualizza Longhi. “Questi colossi industriali rappresentano una sintesi di capacità tecnologiche avanzate, produzione di sistemi d’arma sofisticati e presenza globale sul mercato”.

L’Europa vanta infatti sistemi militari di alta qualità come i jet di ultima generazione prodotti da Dassault in Francia, i sottomarini nucleari di Naval Group, i carri armati Leopard di Rheinmetall in Germania, i sistemi radar e avionica di Leonardo in Italia e i velivoli di Saab in Svezia. Questi prodotti non solo rappresentano un fiore all’occhiello della tecnologia europea, ma incarnano anche la capacità di cooperare tra diversi Paesi per sviluppare soluzioni integrate e competitive.

Un altro aspetto fondamentale riguarda la concorrenza internazionale, in particolare quella degli Stati Uniti, che rappresentano il partner e allo stesso tempo un competitor nel mercato globale della difesa. Sebbene nel 2024 oltre il 75% delle forniture militari europee provenisse da aziende statunitensi, questa presenza non deve essere interpretata come una minaccia per la sovranità industriale europea, ma piuttosto come un elemento di sinergia e interdipendenza. Le imprese americane, come Lockheed Martin, Raytheon, Boeing e Northrop Grumman, coprono settori complementari rispetto a quelli europei, offrendo tecnologie che spesso vengono integrate nei sistemi europei per formare capacità di difesa più complete e avanzate. Questa complementarietà rafforza la cooperazione transatlantica, pur mantenendo l’importanza strategica di un’autonomia industriale europea.

“Se da un lato la difesa europea accelera (l’indice della difesa europea registra un +80% YTD), dall’altro il settore automotive vive un momento di grande difficoltà e discontinuità (l’indice europeo Auto&Parts registra un -8% vs +11% dell’indice generalista europeo)”, osserva Longhi. “Questo comparto, che per decenni ha rappresentato uno dei pilastri dell’economia europea, si trova oggi a dover affrontare una transizione tecnologica profonda e complessa, caratterizzata dalla necessità di passare rapidamente dai motori a combustione interna ai veicoli elettrici e a basse emissioni. Questa trasformazione, oltre a richiedere investimenti ingenti in innovazione e infrastrutture, si scontra con una crescente pressione competitiva da parte di produttori americani (Tesla) ed asiatici, in particolare cinesi, che hanno conquistato quote di mercato significative in Europa grazie a strategie di prezzo aggressive, volumi di produzione elevati e vantaggi nella filiera delle batterie”.

Le case automobilistiche cinesi come BYD, MG, NIO e XPeng hanno trasformato in pochi anni una presenza marginale in una forza dominante nel mercato europeo dei veicoli elettrici. Nel 2024, i veicoli elettrici prodotti da queste aziende hanno superato le 450.000 unità vendute nel Vecchio Continente, corrispondenti a quasi il 9% del mercato totale. Questa crescita è stata favorita da prezzi mediamente inferiori del 20-30% rispetto ai modelli europei equivalenti, grazie anche al controllo quasi totale della catena del valore delle batterie, con circa il 70% delle celle destinate al mercato europeo provenienti dalla Cina. BYD, ad esempio, ha superato Tesla in termini di volumi produttivi, raggiungendo oltre 3 milioni di veicoli elettrici prodotti nel 2024. Il contraccolpo per i produttori europei è stato significativo. Volkswagen ha ridotto la produzione dei veicoli elettrici in Germania, sospendendo temporaneamente gli investimenti su nuove piattaforme. Stellantis ha rallentato la produzione nei siti italiani e francesi, mentre il suo ex-CEO, Carlos Tavares, aveva denunciato apertamente “dumping cinese e iper-regolamentazione dell’Unione Europea” come principali cause del rallentamento competitivo.

Questi fattori hanno generato un contesto industriale complicato, aggravato dal fatto che le normative europee sul settore automotive, sempre più stringenti (EU7, riciclo batterie, etichettatura CO2), sono percepite come un peso che non è accompagnato da strumenti di sostegno e protezione adeguati.

La differenza di trattamento politico tra i due settori è evidente. “Mentre alla difesa si garantiscono deroghe al patto di stabilità, strumenti finanziari flessibili, appalti transnazionali e fondi dedicati, all’automotive si applicano standard sempre più rigorosi senza una corrispondente politica di sostegno per la competitività industriale”, commenta ancora l’esperto. “Questo crea una frattura non solo settoriale ma anche strategica nella visione industriale europea, che sembra reagire in modo compatto e strategico a una minaccia esterna come la guerra, ma mostra un’incapacità sistemica nel gestire la più importante transizione tecnologica del nostro tempo”. Secondo Longhi ora tocca all’automotive trovare una strada analoga, integrando politiche di supporto industriale con un approccio più flessibile alle sfide del mercato globale, per non perdere un settore chiave per la sua economia e la sua identità tecnologica.

Luca Longhi, Head of Total Return Portfolio di Banca Generali Luca Longhi, Head of Total Return Portfolio di Banca Generali
Questi due comparti, pur appartenendo entrambi all’industria strategica europea, percorrono strade divergenti e mostrano andamenti contrapposti, delineando un quadro complesso di opportunità e criticità per il futuro del sistema economico europeo.

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